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Tiroidite di Hashimoto

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Tiroidite di Hashimoto

Approcci naturopatici
by: Fiona McCulloch BSc ND

White Lotus Naturopathic Clinic and Integrated Health
18 Greenfield Ave #201
Toronto Ontario M2N 3C8
www.whitelotusclinic.ca



Diagnosi e descrizione della tiroidite di Hashimoto




Diagnosi e descrizione della tiroidite di Hashimoto

La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmune caratterizzata dall’infiltrazione e distruzione della ghiandola toroidea da parte del sistema immunitario. In questa condizione, le cellule immunitarie producono anticorpi contro un enzima e necessario per la produzione degli ormoni tiroidei – la perossidasi tiroidea – e/o contro la tireoglobulina, che è il componente alla base degli ormoni tiroidei (1). Si crede che la Hashimoto sia la causa più comune di ipertiroidismo nel Nord America, ed è tra le cause principali del gozzo nelle aree del mondo dove l’apporto di iodio è considerato sufficiente (2). In media 1,5 persone su 1000 soffrono di questa malattia, è 7 volte più diffusa nelle donne rispetto agli uomini, ed è maggiormente presente nei soggetti di età compresa tra i 45 e i 65 anni.

I fattori di rischio della Hashimoto includono sia fattori ereditari che ambientali. Diversi polimorfismi genetici (per esempio, modifiche al gene HLA-DR ) sono stati associati alla tiroidite autoimmune. Inoltre, malattie infettive, apporto di iodio eccessivamente elevato, carenza di selenio e alcuni farmaci possono scatenare questa condizione nei soggetti con predisposizione genetica.

La Hashimoto è una malattia caratterizzata dalla distruzione progressiva della ghiandola tiroidea che si traduce in ipotiroidismo. Può essere diagnosticata attraverso uno dei seguenti scenari: 1) allargamento della ghiandola tiroidea/gozzo; 2) alti livelli di anticorpi contro la perossidasi tiroidea o la tireoglobulina; 3) agoaspirato tiroideo che mostri un’ infiltrazione di cellule immunitarie nella ghiandola; 4) un’ecografia che mostri un ingrandimento della tiroide; o 5) scansione con assorbimento di iodio radioattivo che mostri un pattern specifico di diffusione dell’assorbimento di iodio.

Le persone affette dalla Hashimoto spesso sperimentano sintomi diversi, di diversa gravità. Alcuni pazienti possono non mostrare alcun sintomo, mentre altri possono mostrarne di abbastanza gravi. I sintomi dell’ipotiroidismo appaiono gradualmente al progredire della condizione verso la distruzione della ghiandola.

Tali sintomi includono:

• Affaticamento
• Aumento di peso
• Costipazione
• Depressione
• Pelle secca
• Perdita di capelli
• Sensibilità al freddo
• Gozzo

Questi sintomi spesso peggiorano nel tempo al progredire della distruzione della ghiandola. Un altro aspetto della Hashimoto è che i pazienti possono mostrare sintomi temporanei di ipertiroidismo – la cosiddetta “Hashitossicosi” (4).

I sintomi dell’Hashitossicosi includono:
• Ansia
• Perdita di peso
• Tremori
• Sudorazione
• Insonnia
• Palpitazioni e tachicardia
• Gozzo
• Assottigliamento della pelle

L’ hashitossicosi si verifica a causa di disturbi ai follicoli tiroidei, che provocano un rilascio eccessivo di ormoni tiroidei. Tuttavia, al progredire della malattia, la sintomatologia predominante diventa quella dell’ipotiroidismo.

Il presente articolo discuterà le cause della tiroidite autoimmune e il ruolo della microbiologia intestinale e della barriera intestinale nel provocare ed aggravare la malattia. Si discuterà anche della celiachia e del ruolo del glutine nella Hashimoto, e della relazione nutrizionale tra iodio e selenio in tale malattia.


Hashimoto e intestino Hashimoto e intestino

Negli ultimi anni si è scoperto che il sistema immunitario intestinale e la flora batterica giocano un ruolo cruciale in molte malattie autoimmuni differenti, ad esempio nell’artrite reumatoide (5). L’intestino è in continuo contatto con un’ampia varietà di antigeni provenienti da cibo e microorganismi. Microorganismi benevoli forniscono grandi benefici all’intestino formando barriere protettive, aiutando la digestione e l’assimilazione di sostanze nutritive, e lo sviluppo del sistema immunitario intestinale. I prodotti della fermentazione dei batteri intestinali possono anche inibire sostanze chimiche infiammatorie come i fattori TNF-α, IL-6 e NF-KB(6,7) le quali possono essere parte di una distruzione autoimmune. Nel complesso, una flora intestinale equilibrata è importante quando si considerano malattie autoimmuni come la Hashimoto.

Oltre ai microbi che vivono nell’intestino, è il rivestimento intestinale stesso a diventare sempre più rilevante nella ricerca sulle malattie autoimmuni. Il rivestimento intestinale fornisce una barriera che impedisce sia ai batteri patogeni che ai non patogeni di entrare in aree dell’organismo altamente immunoreattive, come il flusso sanguigno. Se questa barriera mucosa viene danneggiata, le cellule immunitarie dell’intestino possono essere esposte a composti batterici e alimentari che normalmente sarebbero stati tenuti fuori. Questo a sua volta può causare l’attivazione del sistema immunitario e lo sviluppo di malattie autoimmuni (7,8). Quando ciò si verifica, le cellule intestinali mutano, e aumenta la permeabilità complessiva dell’intestino. È stato dimostrato come ciò avvenga in condizioni come il diabete autoimmune di tipo 1, e simili modifiche alla struttura intestinale sono state individuate anche nei pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto (9,10).

È stata intolre riscontrata l’implicazione di un concetto noto come “mimetismo molecolare” nella Hashimoto e in altre malattie autoimmuni. Per esempio, la Yersinia Enterocolitica è un batterio patogeno intestinale che può essere trasmesso agli esseri umani dagli animali da compagnia e dagli animali domestici, inclusi i suini, con infezioni acquisite mediante l’ingestione di acqua e cibo contaminati. Diversi studi hanno associato le infezioni da Yersinia all’autoimmunità tiroidea, tra cui uno studio riportato sul Clinical Microbiology and Infection, il quale ha sostenuto che la prevalenza di anticorpi diretti alla Yersinia era 14 volte più alta nelle persone con la Hashimoto rispetto a quella del gruppo di controllo (11). I ricercatori hanno concluso che esiste la possibilità di una forte relazione causale tra questi patogeni e la tiroidite autoimmune.

Un importante punto da considerare è che anche se la flora probiotica può apportare benefici, la scelta del “ceppo” è cruciale. Alcuni ceppi probiotici posseggono infatti effetti antinfiammatori e apportano benefici nelle malattie autoimmuni, mentre altri ceppi possono aggravare l’autoimmunità. Ad esempio, uno studio condotto in Danimarca ha rivelato che ceppi specifici di Lactobacillus acidophilus e Bidifobacterium bifidum riducevano l’attività delle cellule T regolatorie, cosache potrebbe incrementare l’infiammazione e aggravare la Hashimoto (12), mentre un altro studio ha rilevato che il Lactobacillius rhamnosus HN001 e il Bifidobacterium Iactic HN019 riducevano l’infiammazione senza però alcun effetto sugli anticorpi della Hashimoto (13).


Celiachia, glutine, e tiroidite di Hashimoto Celiachia, glutine, e tiroidite di Hashimoto

Ci sono stati diversi studi che hanno collegato la celiachia e la tiroidite di Hashimoto. Essendo infatti entrambe condizioni autoimmuni, l’argomento è stato oggetto di molte ricerche che hanno evidenziato un chiaro legame tra le due.

In uno studio olandese su 104 persone affette da Hashimoto (14), si è constatata la presenza di un significativo aumento della possibilità di avere marcatori della celiachia, come gli anticorpi anti- gliadina e/o danni all’intestino tenue.

Quasi il 50% dei pazienti con la Hashimoto possedeva il gene per la celiachia (HLA-DQ2). In un altro test dello stesso studio, 184 pazienti celiaci sono stati testati per gli anticorpi della Hashimoto ed è emerso che il 21% di essi era positivo. In alcuni pazienti celiaci, evitare il glutine può quindi effettivamente eliminare specifici anticorpi tiroidei (15).


Glutine e zonulina – effetti sull’intestino Glutine e zonulina – effetti sull’intestino

La zonulina è un’affascinante proteina intestinale scoperta di recente dal Dr. Alessio Fasano. La sua funzione principale è quella di regolare il passaggio di materiali dall’intestino al flusso sanguigno. Le giunzioni occludenti sono aree in cui le cellule intestinali adiacenti vengono in contatto tra loro formando una barriera impermeabile. Esse hanno un ruolo fondamentale in quanto impediscono a particelle esterne, microbi e cibi mal digeriti di entrare nell’organismo. Quando viene rilasciata troppa zonulina, le giunzioni occludenti possono diventare permeabili, permettendo, come appena descritto, alle molecole immunologicamente reattive, come gli antigeni del cibo e i microbi, di entrare nel flusso sanguigno (16), causando l’infiammazione.

È interessante notare che, anche in persone non affette da celiachia, il consumo di gliadina (un componente del glutine) aumenta il rilascio di zonulina e causa una temporanea “permeabilità” della barriera intestinale, un fenomeno noto anche come “leaky gut” (permeabilità intestinale) (17). Nei soggetti portatori del gene HLA-DQ (approssimativamente il 30% della popolazione, e circa il 50% dei pazienti affetti da Hashimoto), in seguito al consumo di gliadina, viene rilasciato un quantitativo eccessivo di zonulina. Per questi pazienti la permeabilità intestinale rappresenta un fenomeno ancora più intenso. Una volta che le particelle entrano nel flusso sanguigno attraverso questa barriera permeabile, ci troviamo nuovamente di fronte all’entrata di antigeni nel flusso sanguigno che causano l’aggravarsi o l’attivazione dell’autoimmunità (18).


Tiroidite di Hashimoto – selenio e iodio Tiroidite di Hashimoto – selenio e iodio

Lo iodio è un nutriente fondamentale per la funzionalità tiroidea. Esso si combina con la tireoglobulina per formare i principali ormoni tiroidei T3 e T4, per cui si può immaginare come il suo equilibrio sia cruciale per la funzione della ghiandola.

È ben nota la connessione tra l’eccessiva assunzione di iodio e l’insorgere della tiroidite di Hashimoto (19). La letteratura è piena di casi di tiroide autoimmune iodio-indotta, e molti sono gli studi che evidenziano la correlazione tra l’aumentata incidenza della Hashimoto e i paesi in cui l’apporto di iodio è maggiore. L’alta presenza di iodio nei pazienti con predisposizione alla Hashimoto sembra scatenare la produzione di linfociti T (20), e queste cellule immunitarie si rivoltano poi contro la ghiandola tiroidea stessa, con conseguente diminuzione della complessiva funzione tiroidea nel corso del tempo.

Detto ciò, molti professionisti usano comunque la terapia con iodio nei pazienti affetti da Hashimoto. La seguente sezione dell’articolo affronterà l’equilibrio critico tra due dei principali nutrienti tiroidei , lo iodo e il selenio.

Gran parte delle ricerche sull’uso di iodio nei pazienti con la Hashimoto riguardano gli effetti esercitati da uno stato ottimale di selenio. Il selenio è un minerale presente nella tiroide in elevate concentrazioni, e le selenoproteine della ghiandola sono coinvolte nel sistema di difesa antiossidante; nello specifico, nell’azione della glutatione perossidasi (21) – uno dei principali protettori cellulari. Questi meccanismi di difesa antiossidante proteggono la tiroide dalle specie reattive dell’ossigeno, prodotti di scarto della sintesi degli ormoni tiroidei. Inoltre, i tre enzimi chiave coinvolti nell’attivazione e disattivazione degli ormoni tiroidei hanno una struttura selenio-dipendente.

Numerosi studi hanno rilevato che l’integrazione di selenio riduce gli anticorpi autoimmuni tiroidei. Uno studio su 80 donne con la malattia di Hashimoto ha verificato che l’integrazione di 200 mcg di seleniometionina riduceva del 21% gli anticorpi anti-TPO (22), e molti altri studi supportano questo risultato. L’integrazione di selenio è senza dubbio di grande beneficio per i pazienti affetti dalla Hashimoto, ma cosa dire dell’equilibrio tra iodio e selenio?

Uno studio sugli animali effettuato in Cina ha iniziato a testare l’ipotesi che la tossicità indotta da un’eccessiva assunzione di iodio possa in realtà essere indotta da carenza di selenio (23). Lo studio ha riscontrato che quando lo iodio veniva somministrato in dosi elevate, esso diminuiva l’attività dell’enzima perossidasi tiroidea, mutava la struttura cellulare che assumeva l’aspetto di un gozzo, e riduceva l’effetto protettivo del glutatione nella tiroide. Nel momento in cui, invece, il selenio veniva integrato con lo iodio, tutti questi aspetti “ritornavano a livelli di controllo”.

Qualcosa di molto simile è stato rilevato da un altro studio, che ha coinvolto tre gruppi di topi: un gruppo di controllo di soggetti sani e due gruppi con Hashimoto iodio-indotta. Ad uno dei gruppi con la tiroidite è stato somministrato selenio e all’altro no, mentre ad entrambi sono state somministrate elevate dosi di iodio. Al momento della biopsia dopo 8 settimane di integrazione il gruppo col selenio aveva completamente invertito il proprio pattern tiroideo, nonostante la continua somministrazione di alte dosi di iodio (24). Nel gruppo a cui non era stato somministrato il selenio, il pattern di tipo distruttivo era invece rimasto invariato.

Ciascuno di questi studi indica che il raggiungimento di un buon livello di selenio può invertire la stimolazione della tiroidite causata da una quantità eccessiva di iodio. La quantità in questi studi corrisponde a circa 200-400 mcg di selenio al giorno. È importante notare che il selenio può essere tossico e che l’integrazione di selenio in condizioni di carenza di iodio può essere dannosa per la funzione tiroidea.

Un altro punto interessante è che le aree del mondo dove la Hashimoto è aumentata in seguito alla iodazione del sale sono aree in cui predomina una carenza di selenio. Per esempio, uno studio che ha paragonato diverse province della Cina ha indicato che le province con la più bassa assunzione di iodio avevano anche la più bassa incidenza di tiroidite di Hashimoto (24). Si dà il caso che queste province fossero anche le più carenti di selenio (24). Possiamo quindi concludere che il livello di selenio può giocare un ruolo chiave nella prevenzione delle tiroiditi autoimmuni e che l’equilibrio tra iodio e selenio è importante per la funzione tiroidea. Spesso è utile controllare il livello di iodio prima di integrarne dosi più alte. Il test dello iodio urinario è il più accurato (sia il test delle iodio nelle urine delle 24 ore che quello a secco).

Se ti è stata diagnosticato o sospetti un problema tiroideo, raccomandiamo il consulto con un medico naturopata prima di assumere elevate dosi di iodio o integratori di selenio.