Salta al contenuto principale

La Vitamina D - Una cura per la “malinconia invernale”

Italiano

La Vitamina D - Una cura per la “malinconia invernale”
By: Heidi Fritz MA, ND

Bolton Naturopathic Clinic
64 King St W, Bolton, ON L7E1C7
www.boltonnaturopathic.ca
info@boltonnaturopathic.ca


Jump to:

Part 1 Part 2 Part 3Part 4

Vitamin D A Cure for the Mid-Winter “Blahs”




Part I: Perché la vitamina D?

La vitamina D3, anche nota come colecalciferolo o " vitamina del sole” è una sostanza nutritiva emergente dotata di una gamma di potenziali ruoli terapeutici. In aggiunta al suo ben noto ruolo a beneficio delle ossa, la vitamina D viene studiata anche come importante agente nella modulazione della funzione immunitaria, dell’umore e della funzione cognitiva; ha anche un notevole impatto sui fattori di rischio cardiovascolare e sugli effetti protettivi contro lo sviluppo del cancro.[1] In questa serie, esamineremo la più recente ricerca scientifica in alcuni di questi settori; iniziamo con una discussione su come la vitamina D funzioni e sulla considerazione dei "livelli terapeutici nel sangue."

La vitamina D agisce come un ormone ed ha una struttura simile a quella degli steroidi. Il processo di produzione della vitamina D comincia nella pelle dal suo precursore, un derivato del colesterolo, attraverso l'azione della luce solare UVB. [2] Il secondo stadio di questo procedimento avviene nel fegato con la formazione del calcidiolo. [3] Il calcidiolo è la forma immagazzinata della vitamina D ed è anche il marcatore usato per misurare lo stato della vitamina D attraverso un esame del sangue chiamato “25-idrossivitamina D”. Questa molecola, la 25-idrossivitamina D (abbreviata come "25(OH)D") circola nel sangue e viene convertita in vitamina D attivata nei reni. [2] La vitamina D attivata è anche nota come “1,25 idrossivitamina D” o calcitriolo.[2, 3]

Una volta attiva, la vitamina D circola verso i tessuti distanti come cuore, arterie, polmoni, cervello, ovaie e tessuto del seno. [2, 4, 5] Le cellule colpite dalla vitamina D possiedono un recettore di questa vitamina (VDR).[2] Il VDR comunica gli effetti della vitamina D alla cellula. Di recente, gli scienziati hanno scoperto che il VDR è presente in molti tipi differenti di cellule del corpo, comprese le cellule renali, quelle paratiroidee, immunitarie, del cuore e delle arterie, i neuroni, le cellule pancreatiche e quelle che rivestono il tratto respiratorio. [2] Questo sembra indicare che la vitamina D rappresenta un fattore critico per il normale e corretto funzionamento di tutte queste cellule.

Tradizionalmente, la vitamina D è stata considerata soprattutto in relazione al suo ruolo benefico per la salute delle ossa. Storicamente, la carenza di vitamina D è stata associata al rachitismo nei bambini e all’osteomalacia negli adulti. [6] I livelli ematici corrispondenti a tali malattie sono di circa 30 nmol/L. Questo è l'equivalente di 10 ng/mL in unità americane. Come appena evidenziato, tuttavia, il ruolo della vitamina D è sempre più riconosciuto in relazione ad altre parti del corpo. Stando a quanto dicono gli scienziati, è noto che mentre 30 nmol/L di vitamina D possono essere sufficienti per la salute delle ossa, non bastano assolutamente per gli altri tessuti. Pertanto vi è un crescente riconoscimento tra questi scienziati che i livelli terapeutici nel sangue devono essere almeno di 75 nmol/L (30 ng/mL). [7]

Inoltre, non solo il livello terapeutico è superiore a ciò che è stato tradizionalmente ritenuto finora, ma recenti evidenze suggeriscono che l’integrazione di una tradizionale bassa dose può non essere sufficiente per aumentare adeguatamente i suoi livelli nel sangue. La vitamina D è stata tipicamente integrata in unità di 400, 800 o 1000 UI. [1] Oggi sappiamo che alcune persone potrebbero aver bisogno di quantità maggiori per raggiungere i livelli terapeutici nel sangue. [7] Sappiamo anche che l’esatta quantità necessaria varia da persona a persona. [7] Per questo motivo, è importante controllare periodicamente i livelli di vitamina D, al fine di determinare una più appropriata strategia di dosaggio per voi.

In seguito, nella parte II esploreremo il ruolo della vitamina D esercitata sull'umore!



La Vitamina D - Una cura per la “malinconia invernale”

Part II: La vitamina D e l’umore
By: Heidi Fritz, MA, ND

Bolton Naturopathic Clinic
64 King St W, Bolton, Ontario L7E1C7
www.boltonnaturopathic.ca
info@boltonnaturopathic.ca


Vitamin D and Mood

Avendo esaminato il grado di attività svolta dalla vitamina D nel corpo e l’aspetto dell’integrazione dei livelli terapeutici nel sangue, rivolgiamo ora la nostra attenzione al ruolo della vitamina D nella regolazione dell'umore, in particolare nella depressione. La vitamina D diventa particolarmente importante quando si va incontro ai mesi invernali; a causa della ridotta esposizione al sole durante l'inverno, i livelli di vitamina D nella persona tendono ad essere più bassi nei mesi invernali e primaverili. In Canada, la prevalenza di bassi livelli di vitamina D è maggiore rispetto ai climi meridionali. [1] Questo può giocare un ruolo nel disturbo affettivo stagionale (SAD), o nei casi meno gravi, comunque spiacevoli di “malinconia invernale”. [2]

Come discusso prima, le cellule celebrali esprimono il VDR e quindi rispondono alla vitamina D. Un ampio studio ha analizzato l'associazione tra i livelli di vitamina D nel sangue e il rischio di depressione. [3] Ad oltre 7300 adulti affetti da una preesistente malattia cardiovascolare (ad esempio l’angina, attacchi di cuore e ictus) sono stati valutati i livelli di vitamina D nel sangue e se affetti o meno da depressione, per come definito secondo i criteri diagnostici medici. Lo stato della vitamina D è stato suddiviso in quattro categorie:

1. Ottimale: > 125 nmol/L (50 ng/mL)
2. Normale: tra 76-125 nmol/L (31-50 ng/mL)
3. Basso: tra 38-75 (16-30 ng/mL)
4. Molto basso: ≤ 37 nmol/L (15 ng/mL).

I ricercatori hanno scoperto che rispetto a quelli con livelli ottimali, i pazienti con livelli bassi e molto bassi di vitamina D erano esposti ad elevato rischio di depressione, con possibilità crescente di un crescente aumento di due volte in ciascun gruppo. [3] Uno studio ha esaminato gli effetti dell’integrazione della vitamina D sui sintomi depressivi durante i mesi invernali su nove donne con livelli di vitamina D inferiori a 100 nmol/L (40 ng/ml). Dopo un’integrazione di vitamina D, i livelli sono aumentati di quasi 50 nmol/l e con una diminuzione di 10 punti nella valutazione della depressione, misurata secondo il Beck Depression Inventory, una scala per la misurazione dei livelli di depressione. [2]

Un altro più ampio esperimento controllato e randomizzato, ha valutato gli effetti di un’integrazione di vitamina D in oltre 440 adulti in sovrappeso o obesi sofferenti di depressione. [4] La dose era di 20.000 o 40.000 UI di vitamina D a settimana in un anno. Approssimativamente corrispondente a 3000-6000 UI al giorno. Dopo un anno, è stato notato un miglioramento significativo dei livelli di depressione (sul Beck Depression Inventory) in entrambi i gruppi a cui è stata somministrata la vitamina D, ma non nel gruppo trattato con placebo.

Infine, un più recente studio controllato randomizzato ha valutato l’efficacia della vitamina D in combinazione a un farmaco antidepressivo (fluoxetina), rispetto all’assunzione del solo farmaco. [5] Complessivamente 42 pazienti con una diagnosi di disturbo depressivo maggiore, basata sui criteri DSM IV sono stati suddivisi casualmente in due gruppi per ricevere giornalmente 1500 UI di vitamina D3 insieme a 20 mg di fluoxetina o solo fluoxetina per otto settimane. In questo studio, i livelli di depressione sono stati misurati sia con il metodo Beck Depresion Inventory che con la Hamilton Depression Rating Scale. I risultati hanno dimostrato che la fluoxetina combinata alla vitamina D ottiene maggiori risultati rispetto alla fluoxetina da sola, dopo circa quattro settimane dall’inizio del trattamento.

In seguito, nella parte III discuteremo sul ruolo della vitamina D esercitato sulla funzione cognitiva…



La Vitamina D - Una cura per la “malinconia invernale”

Parte III: La vitamina D e la funzione cognitiva
By: Heidi Fritz, MA, ND

Bolton Naturopathic Clinic
64 King St W, Bolton, Ontario L7E1C7
www.boltonnaturopathic.ca
info@boltonnaturopathic.ca


Vitamin D and Cognitive Function

Il ruolo della vitamina D nei pazienti più anziani affetti da deteriorazione cognitiva lieve (MCI) o dal morbo di Alzheimer (AD) è maggiormente all’attenzione dei ricercatori. Ad esempio, un recente test in laboratorio ha dimostrato che la vitamina D può contribuire a proteggere i neuroni dalla degenerazione causata da amiloide-beta (coinvolto nel morbo di Alzheimer) e glutammato (un eccitatore chimico potenzialmente tossico nel cervello). [1]

Studi esplorativi hanno mostrato una correlazione tra i livelli di vitamina D nel sangue e livelli lievi di deterioramento cognitivo. Uno studio ha evidenziato una correlazione tra la vitamina D e i livelli di compromissione della facoltà cognitiva misurati da un punteggio della Montreal Cognitive Assessment (MoCA) inferiore a 26 in un gruppo esaminato di 165 pazienti affetti da diabete di tipo 2.[2] Un altro studio ha seguito per 30 anni oltre 10.000 cittadini danesi.[3] Questo studio ha dimostrato che i livelli di vitamina D sin dall'inizio erano significativamente associati al rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer o la demenza vascolare 30 anni più tardi!

Recentemente, una revisione sistematica ha analizzato il legame tra la vitamina D e la memoria e varie "funzioni esecutive", come ad esempio la velocità di elaborazione, la mutevolezza mentale e le informazioni di aggiornamento.[4] In questo studio, i ricercatori hanno scoperto che "sebbene alcuni disturbi della memoria episodici abbiano mostrato solo una modesta correlazione con una concentrazione di 25(OH)D più bassa, […] associazioni di maggiore entità sono state correlate a disfunzioni esecutive".[4] Bassi livelli di vitamina D si associavano ad un aumentato rischio di scarse funzioni esecutive. D'altra parte, essere carichi di vitamina D migliora le funzioni esecutive, anche se questo non si è mostrato significativo rispetto ai gruppi di controllo.

Infine, uno studio prospettico ha valutato la capacità dei livelli di vitamina D nel sangue di prevedere il rischio di sviluppo di demenza non correlata all'Alzheimer. [5] Quaranta donne anziane altamente funzionali, in un’età media di 78,4 anni, sono state suddivise in due gruppi basati sulla più o meno carenza di vitamina D di base. Questi è stato definito dai livelli nel sangue al di sotto di 25 nmol/L (pari a 10 ng/ml) Al termine dei sette anni del periodo di controllo, i ricercatori hanno verificato una relazione tra la carenza di vitamina D di base e un aumento di quasi 20 volte della possibilità di insorgenza di demenza non associata all'Alzheimer. Questo suggerisce che mantenere un buon livello di vitamina D può rappresentare un importante fattore protettivo contro il declino cognitivo e la demenza, anche entro un breve periodo di tempo, come sette anni.

La prima sperimentazione sugli umani, di alte dosi di vitamina D per il trattamento del morbo di Alzheimer è attualmente in corso. [6] In seguito, nella parte IV tratteremo una correlazione tra la vitamina D e l’immunità.



La Vitamina D - Una cura per la “malinconia invernale”

Parte IV: La vitamina D e l’immunità
By: Heidi Fritz, MA, ND

Bolton Naturopathic Clinic
64 King St W, Bolton, Ontario L7E1C7
www.boltonnaturopathic.ca
info@boltonnaturopathic.ca


Vitamin D and Immunity

In aggiunta all'umore e alla funzione cognitiva, un altro importante ruolo svolto dalla vitamina D che si evidenzia in questo periodo dell'anno è la modulazione della funzione immunitaria. È interessante notare come la vitamina D possa sia migliorare una scarsa attività del sistema immunitario e la resistenza alle infezioni che nel diminuire simultaneamente genera un’inappropriata reattività immunitaria, come nel caso delle malattie autoimmuni, l'asma e le allergie.

L’integrazione di vitamina D durante l'inverno si è dimostrata in grado di ridurre le infezioni del tratto respiratorio superiore, come il raffreddore e l’influenza. Per esempio, uno studio ha valutato gli effetti di 1200 UI di vitamina D somministrato alle scolaresche nei mesi da dicembre a marzo. [1] Questo studio ha valutato specificamente l'incidenza dell'influenza A, diagnosticata tramite il test dell’antigene dell'influenza con un tampone nasofaringeo. I risultati hanno dimostrato che l’influenza A si è verificata solo nel 10,8% dei bambini del gruppo che assumeva vitamina D rispetto al 18,6% dei bambini del gruppo trattato con placebo; con un 40% di riduzione del rischio. Vi è stata anche una riduzione secondaria degli attacchi d’asma tra i bambini che ne soffrivano, con una riduzione di oltre l'80%.

Uno studio tedesco ha valutato l'effetto della vitamina D in combinazione ad altri micronutrienti, come la vitamina C, l'acido folico e il selenio, sulla funzione immunitaria su 192 pazienti colpiti da ricorrenti infezioni delle vie respiratorie del tratto superiore. [2] Lo studio ha rilevato che tra i soggetti che inizialmente manifestavano almeno due sintomi del raffreddore, il miglioramento dei sintomi era significativamente superiore nel gruppo trattato con l'integrazione rispetto al gruppo trattato con placebo. L'integrazione della vitamina D e di micronutrienti ha anche diminuito la frequenza e la gravità dei sintomi.

L'asma è una condizione di iperreattività immunitaria; in questa condizione, le vie respiratorie si infiammano, producono un eccesso di muco, e si comprimono in risposta a fattori ambientali come la polvere, gli allergeni e le temperature fredde. Questo porta a respiro affannoso e difficoltà respiratorie, che sono tipicamente trattate con gli inalatori detti "puffer." E’ stato dimostrato che la vitamina D migliori i sintomi e la funzione immunitaria nei pazienti affetti da asma.

Uno studio di valutazione su oltre mille bambini ha dimostrato che la carenza di vitamina D (< 50 nmol/l o 20 ng/mL) era associata ad un cattivo funzionamento dei polmoni rispetto ai bambini con sufficiente vitamina D.[3] Fra i bambini che assumevano corticosteroidi per inalazione, la FEV[1] un’importante misura della funzione polmonare era aumentata soltanto di 140 ml nel gruppo con livelli carenti di vitamina D, rispetto ai 290 ml assunti dal gruppo che ne aveva a sufficienza. Questo significa che la funzione polmonare dei bambini con carenza di vitamina D era pari a meno della metà di quello dei bambini con vitamina D sufficiente, e che la vitamina D può migliorare l'efficacia della terapia corticosteroide.

Un altro studio ha dimostrato che l'integrazione di vitamina D nei bambini affetti da asma può ridurre le esacerbazioni asmatiche sperimentate quando i ragazzi contraggono un raffreddore o l’influenza.[4] La carenza di vitamina D negli adulti è stata anche associata a una più scarsa funzione polmonare, a un’aumentata iper-rispondenza delle vie aeree e una peggior risposta al trattamento con corticosteroidi.[5] Evidenze come questa hanno fatto sì che anche gli esperti si chiedessero se la vitamina D meritasse di avere un ruolo nella cura standard dell’asma.[6]

Questi sono solo alcuni dei vantaggi della vitamina D. Una valutazione dello stato della vostra vitamina D (un esame del sangue che può essere eseguito dal proprio medico o naturopata) può aiutarvi ad assumere la dose più appropriata di vitamina D.