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La Sfida del Cambiamento: come può essere di aiuto la neuroscienza

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La Sfida del Cambiamento: come può essere di aiuto la neuroscienza

Dr. Yashar Khosroshahi
Il dott. Yashar Khosroshahi è un Medico Naturopata e un top coach certificato per quanto riguarda il cervello, oltre che co-fondatore della MINDSHIFT NINJA. Il dott. Khosroshahi aiuta ad allenare la gente a superare gli ostacoli mentali e fisici per raggiungere la massima prestazione. Si è laureato al College Canadese di Medicina Naturopatica (CCNM) e applica il suo training presso l’Istituto di NeuroLeadership e l’Istituto di HeartMath per aiutare gli individui a migliorare negli affari, nello sport, nelle relazioni e nella salute e benessere personali. Quando non è impegnato come coach e consulente con la MINDSHIFT NINJA, continua a insegnare Psicologia della Salute alla CCNM per la futura generazione di Medici Naturopati e possiede uno studio privato a Newmarket, Ontario, Canada. The Challenge of Change - How Neuroscience Can Help



“Non potete tenere schiava una mente che conosce se stessa, che si considera di valore, che si capisce.”
(Wangari Maathai)


Il cambiamento è una sfida. Il cambiamento è universale. Il cambiamento è gestibile. Tanto quanto condizioniamo i nostri corpi a diventare più forti e flessibili, possiamo allenare il nostro cervello a gestire la sfida del cambiamento. I pazienti non vengono nel mio studio perché pensano che una caramella sia meglio di un cavolo. Vengono perché non sanno il motivo per cui continuano a scegliere la caramella al posto del cavolo. Tutti noi abbiamo la nostra “caramella” e il nostro “cavolo”. Tutti noi siamo resistenti al cambiamento anche quando sappiamo che questo è meglio per noi. È utile comprendere la nostra relazione personale con il cambiamento, come il cervello gestisce il cambiamento, per poi capire come ottenere un cambiamento efficace.

Iniziamo la nostra comprensione della sfida del cambiamento con il Cervello Pilota Automatico. Schemi comportamentali e/o emotivi ripetuti sono dovuti a processi mentali che sono evoluzionisticamente programmati, processi che abbiamo provato e riprovato oppure automatizzato, o entrambe le cose. Poi andiamo ad esplorare il Cervello Sociale. Capire la neuroscienza sostenendo la sfida del cambiamento dalla prospettiva dei bisogni sociali del cervello è di primaria importanza. Alla fine terminiamo la nostra discussione con il Cervello Intuitivo. Creare degli approcci orientati alla soluzione permette al cervello di raggiungere una profondità significativa riguardo al valore e al collegamento al cambiamento. La comprensione di questi tre fattori può aiutare a rendere la sfida del cambiamento più gestibile, sostenibile e significativa per i nostri pazienti, e per noi stessi.

La Sfida del Cambiamento: come può essere di aiuto la neuroscienza

Il Cervello Pilota Automatico

Il cervello evolutivo sceglie il percorso di minore resistenza. Il neuro-scienziato Evian Gordon crede che “il principio organizzativo di base del cervello [serva a] minimizzare il pericolo [e a] massimizzare il risultato.” (1) Immaginate che il cambiamento sia una tigre dai denti a sciabola che salta fuori dall’erba alta. Minaccia il cervello spingendoci a lottare-o-fuggire. Questa reazione automatica è governata da un circuito cerebrale molto primitivo che coinvolge diverse strutture del cervello ed è un meccanismo al quale il cervello si affida moltissimo (2). Questo collegamento diretto primitivo e automatico fornisce una prima illustrazione del perché il cambiamento possa essere così difficile per molti di noi.

La necessità insita nel cervello è quella di scansionare il nostro ambiente alla ricerca di “errori”: differenze percepite tra l’aspettativa e l’effettività. Questi “errori” producono una cascata di intense esplosioni neuronali, molto più forti di quelle causate da stimoli familiari (3). Situazioni che segnalano una grossa discrepanza dalle aspettative di una persona circa al suo ambiente, risvegliano la ‘tigre dai denti a sciabola’. La parte del cervello che prende vita con questi intensi scoppi neuronali, conosciuta come il circuito di individuazione dell’errore, la corteccia cingolata anteriore, è sensibile alle fonti di informazione sull’errore tanto interne quanto esterne (4). Qualsiasi possa essere la situazione, dal cambiare le abitudini alimentari di una persona al ricevere la diagnosi di una malattia, troppe variazioni nel nostro ambiente mette subito allerta il cervello.

I circuiti di individuazione dell’errore sono anche strettamente legati ai centri emozionali del cervello. Solo questo suggerisce che il cambiamento può essere un processo emotivo. Spesso il nostro stato emotivo è automatico. Indurre il cervello a comportarsi in modo più impulsivo e meno razionale diminuisce l’abilità del cervello di implementare un cambiamento positivo (5). Incoraggiare i nostri pazienti a esplorare e capire le loro percezioni ed aspettative di qualsiasi particolare evento – soprattutto quelli legati a delle reazioni emotive (per esempio malattia, disabilità, morte) – è fondamentale per controbilanciare la natura automatica del nostro circuito di individuazione dell’errore.

Le nostre mappe mentali – il circuito di neuroni che lavorano insieme sulla base delle nostre teorie, attitudini ed aspettative – controllano le nostre percezioni (6). Queste mappe sono create da pensieri e azioni ripetitivi e più volte provati che poi diventano strettamente legati e “sepolti” in uno spazio di immagazzinamento del cervello più metabolicamente efficiente: il ganglio basale (7). Questo è lo stato preferito del Cervello Pilota Automatico, dato che può essere gestito ogni giorno in modalità “regolazione automatica”, minimizzano il bisogno di richiedere metabolicamente un’azione governata da pensiero cosciente. Modificare queste percezioni saldamente legate richiede sforzo e attenzione significativi, e come conseguenza i pazienti si sentono a disagio e spesso cercando i evitare il cambiamento (8).

L’etichettatura emotiva e le strategie di riesame sono due strumenti efficaci che aiutano a interrompere la natura automatica della risposta cerebrale agli stimoli di minaccia. Con l’allenamento c’è una minore attività nelle aree del cervello adibite alla gestione delle emozioni, l’amigdala e altre regioni limbiche, e una maggiore attività nell’area delle funzioni esecutive del cervello, la corteccia prefrontale (PFC) (9,10). Questo è di assoluto valore perché la corteccia prefrontale è l’area del cervello responsabile della comprensione, delle decisioni, del ricordo, della memorizzazione e dell’inibizione (11). Tutto questo non ha prezzo quando si tratta di stabilire un cambiamento positivo e minimizzare la risposta alla minaccia da parte del cervello.

L’etichettatura emozionale aiuta i pazienti a costruire un inventario di parole associate alle loro sensazioni. Alla fine, quando il cervello inizia a reagire a un “errore”, il paziente può identificare le proprie emozioni ed etichettarle con una parola o due. Eseguire questo procedimento in “tempo reale” promuove la chiarezza emotiva e aumenta l’attivazione della PFC (12). Le tecniche di riesame si concentrano sull’esame soggettivo da parte di un individuo di un evento o di una minaccia percepita: il significato e la valenza che portano a una reazione emotiva, piuttosto che l’evento in sé. Ridefinire la minaccia come un’opportunità di crescita personale, o semplicemente una possibilità di fare qualcosa in modo diverso rispetto al programma originario, può avere incredibili benefici emozionali (13). Padroneggiare queste tecniche permette al cervello di massimizzare la sua risposta alla sfida e allo stesso tempo minimizzare la sua reazione impulsiva, offrendo un’opportunità di creare nuove mappe mentali.


Il Cervello Sociale

La risposta alla minaccia da parte del nostro cervello, dovuta alla presenza di “errori”, non è limitata alla paura per la nostra sicurezza fisica. Include anche stati emozionali quali tristezza, ansia, depressione, divagamento mentale e in certi casi estremi anche disturbi dell’attenzione (14). The Challenge of Change - How Neuroscience Can Help

Recentemente i ricercatori hanno scoperto che le situazioni sociali che scatenano la risposta alla minaccia forniscono un’impronta digitale neutra più intensa rispetto a quando il circuito di ricompensa del cervello viene attivato per mezzo di stimoli positivi. Inoltre è stato dimostrato che il cervello mantiene la minaccia più a lungo della ricompensa (15). Forse questo indica un’altra “ragione cerebrale” per cui dobbiamo ripetutamente lodare, riconoscere e festeggiare i pazienti che sono desiderosi e motivati nell’affrontare la loro percepita sfida del cambiamento.

Tradizionalmente la scienza si rivolge alla gerarchia dei bisogni di Abraham Maslow per capire come le nostre necessità motivino il nostro comportamento (figura 1).

Maslow scrisse nella sua opera del 1943 “Una Teoria della Motivazione Umana”:

“Indubbiamente questi bisogni psicologici sono i più pre-potenti di tutti. Questo significa nello specifico che nell’essere umano cui manca tutto nella vita a livello estremo è più probabile che la principale motivazione siano i bisogni fisiologici piuttosto che qualsiasi altro.” (16)

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Il neuro-scienziato cognitivo Matthew Lieberman suggerisce invece che questa gerarchia disloca i “bisogni sociali” mettendoli nel mezzo e non alla base della gerarchia stessa (Figura 2). Secondo Lieberman l’attività neuronale che ci spinge verso il cibo e lontano dai predatori è anche stimolata dalle minacce sociali. Il cervello risponde all’appetito, al rifiuto o all’assunzione di cambiamento con un’attività neuronale simile (17). Le cause scatenanti che minacciano i nostri bisogni sociali possono sembrare sottili, ma il cervello usa delle risorse significative nella risposta (18). Il cervello è estremamente sensibile ad iniziare un qualsiasi cambiamento che minacci le sue mappe mentali sociali (19). Forse questo spiega perché certi pazienti giustificano le loro abitudini alimentari con la frase “Non ci si fa degli amici con l’insalata”. Eseguire qualsiasi cambiamento, in questo caso rispetto alla dieta, in un ambiente sociale che non sia di sostegno può apparire una minaccia come qualsiasi bisogno fisiologico non soddisfatto.


Il Cervello Intuitivo

Intuizione: comprensione della vera natura di qualcosa (20).

Fortunatamente per noi, il cervello e le sue 10.000 connessioni neuronali sono in grado di cambiare attraverso l’intuizione e l’esperienza, un termine cui ci si riferisce come neuro-plasticità: la capacità di alterare il nostro cervello concentrando attivamente l’attenzione in modi costruttivi (21). L’intuizione è l’elisir del cambiamento positivo sostenibile e di una vita coinvolgente.

L’inclinazione del cervello è di andare da un problema a mappe mentali a bassa energia, automatiche e create precedentemente sulla base di azioni familiari. Sapendo questo, quando un paziente incontra un dilemma o un problema ricorrente, da una prospettiva neuro-scientifica sta vivendo delle mappe mentali conflittuali. Queste mappe, o valori conflittuali fanno richieste conflittuali alle risorse del cervello. Il cervello deve allora riconfigurare le mappe esistenti e risolvere i conflitti (22). The Challenge of Change - How Neuroscience Can Help

I pazienti possono imparare a meglio interagire con il conflitto aggiungendo coscientemente un po’ di passi chiave al processo (Figura 3).

Aiutare a preparare il cervello ad assorbire l’intuizione, e quindi a cambiare il modo di pensare del cliente, è un processo critico. Ricerche recenti suggeriscono che quando il cervello sopprime dei pensieri irrilevanti, come delle esperienze passate tangenzialmente non importanti, questo permette al cervello di “attaccare il problema successivo con una ‘lavagna pulita’.” (23) Più questo processo diventa ripetitivo e più è probabile che il paziente sia capace di creare una neuro-plasticità autodeterminata (24). (Figura 3)

Creare una neuro-plasticità autodeterminata richiede esercizio sotto forma di concentrazione interna selettiva. Secondo lo scienziato neuro-cognitivo Mark Beeman per produrre consistentemente l’intuizione bisogna avere l’abilità di portare coscienza alla propria esperienza interna e osservare il proprio pensiero per poi avere una migliore opportunità di cambiare il modo in cui pensiamo. (25). Più alleniamo l’attenzione interna e più questa ha da offrirci. Una volta rinforzato il cervello a mantenere l’attenzione su un punto di concentrazione, possiamo poi usare questa abilità per risolvere diversi conflitti (26). Quando il cervello ha successo qui, viene creata una nuova mappa e nasce una nuova prospettiva (27).

Intuizioni autodeterminate e ottenute portano in vita il cervello. È propenso a leggere una buona storia o a guardare un buon film, e a raggiungere una conclusione dove tutti i pezzi della storia vanno al loro posto. Senza intuizione vi trovate con una battuta finale senza avere la barzelletta: solo con l’intuizione potete capire come siete arrivati alla battuta finale. Quando il nostro cervello diventa intuitivo, si verificano delle oscillazioni di frequenza chiamate onde di banda gamma. Queste sono le sole onde che si trovano in tutte le regioni del cervello, quando questo sta simultaneamente esaminando delle informazioni nelle diverse regioni. Questo evento segnala che il cervello sta creando delle nuove mappe mentali – una super mappa – unendo tra loro molte regioni del cervello (28). Non appena il cervello ottiene questo, creando un piano d’azione che sia in linea con la nuova mappa mentale, l’intuizione del paziente rende molto più appetibile al cervello la prospettiva del cambiamento.

  • Come strumento medico è utile chiede ai pazienti di:
  • Scrivere una lista di almeno 25 motivi per cui (inserire meta/cambiamento) è importante o di valore per voi. Assicuratevi di attingere da ogni area della vostra vita.
  • Come (inserire meta/cambiamento) aumenterà la vostra gioia/coinvolgimento nella vostra vita.
  • Ri-scrivere e ri-leggere la vostra lista ogni giorno per le prossime due settimane. Nello stesso periodo di tempo tenere un diario per documentare le opportunità che vi permettono di implementare (inserire meta/cambiamento).

Quando un paziente cerca di fare un qualsiasi cambiamento, il primo passo necessario è di concentrare l’attenzione del paziente sui suoi motivi di valore per il cambiamento e sul suo senso interno di gioia/coinvolgimento derivante dal cambiamento. Studi hanno dimostrato una forte relazione tra gli stati emozionali e l’intuizione. Aumentare la gioia o il coinvolgimento di una persona, o in questo caso chiedere ai pazienti di pensare a come il cambiamento possa aumentare queste sensazioni, aumenta la probabilità di produrre intuizione (29).

Chiedere ai pazienti delle molteplici motivazioni richiede loro di andare alla ricerca di varie risposte nel loro cervello. Questo in sé richiede un’attenzione sostenuta dallo scopo di cambiamento, e dà loro l’opportunità di osservare il loro stesso modo di pensare. Ricordate: il cervello si sente messo alla prova nel cambiare le proprie salde mappe mentali, quindi per convincerlo a cambiare dobbiamo persuaderlo a spostare la sua categorizzazione della sfida da minaccia a ricompensa. Chiedendo ai pazienti di ripetere questa attività quotidianamente si promuove ulteriormente l’attenzione selettiva e inizia a incastonare i loro valori in migliori mappe mentali a bassa energia, automatiche e metabolicamente efficienti (30).


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Il Cambiamento è Gestibile

La neuro-scienza ci ha aiutato a capire le sfumature del cambiamento. I processi metabolicamente efficienti preferiti dal Cervello Pilota Automatico sono evolutivamente programmati e usano mappe mentali che sono provate e automatizzate. La sfida del Cervello Sociale di cambiare potrebbe costituire una minaccia quanto qualsiasi bisogno fisiologico non soddisfatto. Il Cervello Intuitivo chiede un approccio orientato alla soluzione per raggiungere una significativa intuizione riguardo al valore e alla connessione al cambiamento, minimizzando quindi la possibilità che il cambiamento resti una minaccia. Questi tre fattori possono aiutare a rendere la sfida universale del cambiamento più gestibile, sostenibile e significativa per i nostri pazienti e per noi stessi.